A conti fatti, accade ben poco nel terzo lungometraggio di finzione di Philippe Grandrieux, Un lac [id., 2008]. Ma è proprio su questi resti di una storia (d’amore?) che il cineasta francese ha l’occasione per approfondire ulteriormente la propria idea di cinema sensoriale1. Quello che compie, qui come altrove, è infatti un processo di vertiginosa saturazione filmica, in contrasto con i buchi e i vuoti di una narrazione fatta letteralmente a brandelli…